In questo articolo esploreremo Modello atomico di Bohr e il suo impatto sulla società odierna. Modello atomico di Bohr è da anni argomento di interesse e dibattito e la sua influenza si è diffusa in molteplici ambiti della nostra vita. Sia in ambito politico, sociale, culturale o scientifico, Modello atomico di Bohr ha lasciato un segno profondo nella nostra società. Attraverso questo articolo cercheremo di comprendere meglio cos'è Modello atomico di Bohr e come si è evoluto nel tempo, oltre ad analizzare il suo ruolo nel mondo contemporaneo.
Il modello atomico di Bohr, proposto dal fisico Niels Bohr nel 1913 e successivamente ampliato da Arnold Sommerfeld nel 1916, fu il primo modello atomico ad utilizzare la quantizzazione dell'energia.[Nota 1] Proposto inizialmente solo per l'atomo d'idrogeno, riusciva, teorizzando per l'unico elettrone atomico orbite con valori discreti di energia, a spiegarne le caratteristiche righe dello spettro atomico di emissione.
All'inizio del XX secolo lo studio della spettroscopia era giunto a un buon livello. Erano noti infatti moltissimi spettri di emissione provenienti da vari atomi, caratterizzati da righe luminose discrete in una successione ben precisa. Mancava tuttavia un inquadramento teorico del fenomeno dell'emissione a righe da parte dei vari elementi chimici. Una prima sistematizzazione dei dati avvenne nel 1885 quando Johann Jakob Balmer, insegnante svizzero, fece notare come le lunghezze d'onda nella parte visibile all'occhio umano (intervallo compreso fra 380 e 750 nm) dello spettro dell'idrogeno potevano essere rappresentate con grande precisione da una formula empirica che le correlava a dei numeri interi:
dove
λ lunghezza d'onda della luce emessa
B limite di Balmer, pari a 3,6456 × 10-7 m o 364,56 nm o 3645,6 Å
n = 2
m intero con m > n
L'insieme delle righe spettroscopiche ottenibili con la formula di Balmer prende il nome di serie di Balmer.
Sostituendo m = 3 nella formula si ottiene la lunghezza d'onda della riga rossa (λ = 656 nm), per m = 4 della riga celeste (λ = 486 nm), per m = 5 della riga blu (λ = 434 nm) e per m = 6 della riga violetta (λ = 410 nm). Basandosi sulla sua formula, Balmer predisse per m = 7 l'esistenza di un'altra riga spettroscopica (λ = 397 nm). Venne poi a sapere che Ångström aveva in effetti da poco osservato tale riga.
Con le sostituzioni successive (m > 8) si ottengono lunghezze d'onda proprie dei raggi UV, non osservarvabili ad occhio nudo.
La scoperta nel 1897 dell'elettrone, prima particella subatomica isolata in laboratorio, da parte di J. J. Thomson segnò la fine dell'antico concetto di atomo (dal greco ἄτομος átomos: indivisibile) come struttura indivisibile e l'inizio di un periodo di ricerca di nuovi modelli, che includessero gli elettroni come componenti della struttura atomica.
Prima di Bohr si era tentato di spiegare la struttura dell'atomo con modelli proposti da
Nel 1901 Perrin aveva ipotizzato che l'atomo fosse un sistema solare in miniatura, in cui gli elettroni si muovono come pianeti attorno a uno o più nuclei carichi positivamente, nei quali è concentrata la quasi totalità della massa atomica. Joseph John Thomson, lo scopritore dell'elettrone, immaginò l'atomo come un corpo compatto (plumcake o panettone) con carica positiva diffusa, contenente al suo interno gli elettroni (canditi o uvette) con carica negativa. Questo modello si basava solo sulla presenza di forze elettrostatiche e non era in grado di spiegare come il sistema rimanesse in uno stato d'equilibrio.Nagaoka suppose invece che la carica positiva fosse concentrata in un'unica, grande e massiccia sfera centrale, il nucleo, circondata dagli elettroni disposti su anelli simili alle fasce del pianeta Saturno (da cui il nome di modello saturniano). La stabilità dell'atomo risultava anche in questo caso un problema irrisolto, che portò presto all'abbandono del modello saturniano.
Tra il 1908 e il 1913 Hans Wilhelm Geiger e Ernest Marsden, sotto la supervisione di Ernest Rutherford, realizzarono esperimenti importantissimi per la comprensione della struttura dell'atomo: bombardando una sottile lamina d'oro con particelle alfa notarono che, mentre la maggior parte di esse subiva deviazioni nulle o minime dalla traiettoria iniziale, una minima parte veniva deviata in misura considerevole o respinta dalla lamina.
Nell'interpretare i dati sperimentali, Rutherford confermò nel 1911 l'esistenza di un nucleo atomico, anche se estremamente piccolo rispetto all'atomo stesso, circondato dalle cariche negative degli elettroni. Nonostante Rutherford non si fosse sbilanciato sull'eventuale moto degli elettroni, si prese a rappresentarli in orbita attorno al nucleo. Il modello atomico planetario così concepito soffriva però d'instabilità di natura elettromagnetica. L'elettrone infatti, nel suo moto accelerato intorno al nucleo, avrebbe dovuto irradiare energia elettromagnetica fino a ricadere sul nucleo stesso con un moto a spirale. Inoltre, a prescindere dall'irraggiamento, nel caso di atomi più pesanti con tanti elettroni in orbita, una qualsiasi perturbazione esterna sarebbe stata sufficiente ad alterare pesantemente la distribuzione degli stessi, resi instabili dalla forza elettrostatica repulsiva.
Fu Niels Bohr a risolvere, nel 1913, le difficoltà del modello di Rutherford, spiegando anche la struttura dello spettro atomico dell'idrogeno.
Il modello atomico di Bohr era fondato su tre postulati, due dei quali non classici e imposti ad hoc come vincoli addizionali al modello planetario classico di Rutherford:
Gli elettroni si muovono attorno al nucleo su orbite ellittiche stazionarie, con energia definita e costante;
Gli elettroni che si muovono su tali orbite non irraggiano e quindi non emettono energia in modo continuo (contrariamente a quanto previsto dall'elettromagnetismo classico);
Un elettrone atomico irraggia energia soltanto quando passa (mediante un salto quantico discontinuo) da un'orbita stazionaria a un'altra. Deve passare ad un'orbita stazionaria più esterna nel caso di assorbimento di radiazione elettromagnetica, mentre salta ad una più interna nel caso di emissione.
Nell'ipotesi semplificativa che l'elettrone dell'atomo d'idrogeno si muova su un'orbita circolare (un caso particolare di orbita ellittica, con eccentricità), il secondo postulato si traduce in una condizione di quantizzazione per il modulo del momento angolare dell'elettrone che ruota intorno al nucleo, che deve essere un multiplo intero della costante di Planck ridotta:
dove e sono la massa e la velocità dell'elettrone orbitale, il raggio dell'orbita,
la costante di Planck ridotta ed il numero quantico principale
Il valore del momento angolare orbitale previsto per la prima orbita risulterà sbagliato. Il valore sperimentalmente accertato è invece .
La condizione di quantizzazione di Bohr sarà ricavata in modo semplice nel 1924 da Louis de Broglie, a partire dall'ipotesi del dualismo onda-particella. Secondo de Broglie, sono stazionarie le orbite circolari (con circonferenza) che corrispondono a multipli interi della lunghezza d'onda dell'elettrone:
Questa condizione significa che ad onde elettroniche stazionarie corrispondono orbite atomiche circolari e stazionarie.
Siccome la lunghezza d'onda di de Broglie associata all'elettrone è
per sostituzione nella formula precedente si ottiene
da cui
che coincide con la condizione di quantizzazione del modulo del momento angolare dell'elettrone.
Per il terzo postulato, l'elettrone effettua una transizione da un'orbita stazionaria a un'altra solamente quando avviene un assorbimento o un'emissione di radiazione elettromagnetica, ovvero d'energia.[Nota 2] La frequenza della radiazione è legata all'energia dei livelli atomici ed , ovvero all'energia del livello di partenza e di quello di arrivo dell'elettrone, dalla relazione:
dove ed sono le energie connesse alle orbite finale ed iniziale. È presente il modulo in quanto la frequenza è sempre un numero positivo, mentre può essere negativo, se l'elettrone emette radiazione di frequenza . L'energia che l'atomo scambia con il campo elettromagnetico soddisfa sia il principio della conservazione dell'energia, sia la relazione tra energia e frequenza introdotta da Planck.
La formula derivata da Bohr per i raggi atomici risulta accurata solo per l'idrogeno, e in buon accordo coi dati sperimentali per gli atomi idrogenoidi (quelli con un solo elettrone nel guscio[Nota 3] più esterno). Fissato il nucleo a cui si fa riferimento, i raggi delle orbite elettroniche quantizzate dipendono solo dal valore del numero quantico principale.
Raggi ed energie delle orbite dell'atomo d'idrogeno
Numero quantico
Raggio dell'orbita
Energia dell'orbita
Quantizzazione delle energie e formula di Rydberg
Quantizzazione delle energie orbitali
L'energia totale di un elettrone, nell'ipotesi semplificativa che si muova su un'orbita circolare con velocitàv, è data dalla somma della sua energia cinetica
con l'energia potenziale elettrostatica
Quindi:
Sostituendo l'espressione per la velocità
nella formula per l'energia cinetica , si ricava che l'energia cinetica risulta essere pari alla metà del valore assoluto dell'energia potenziale:
L'energia totale risulta quindi essere pari a:
Sostituendo il raggio quantizzato nella formula precedente, si ricavano le energie quantizzate di Bohr:
Si noti che i possibili valori dell'energia dell'elettrone sono tutti negativi (vedi Figura). Ciò discende dal fatto che l'elettrone si trova in uno stato legato e l'energia di legame è sempre negativa. Fissato il nucleo a cui si fa riferimento, le energie delle orbite elettroniche quantizzate dipendono solo dal valore del numero quantico principale. La formula derivata da Bohr per i livelli energetici degli atomi risulta accurata solo per l'idrogeno, e in buon accordo coi dati sperimentali per gli atomi idrogenoidi (quelli con un solo elettrone nel guscio[Nota 3] più esterno).
Si definisce Rydberg () l'unità di misura delle energie atomiche, che coincide con
e vale
La possibilità di spiegare, a partire da principi primi, la formula di Rydberg segnò la definitiva affermazione del modello atomico di Bohr.
È quindi possibile calcolare, mediante la quantizzazione delle energie, il valore della costante di Rydberg per un nucleo di massa infinita (CODATA, 2014). Si trova che
Tenendo conto del fatto che la massa del nucleo non è infinita e che quindi il nucleo stesso ruota intorno al centro di massa dell'atomo, si introduce una lieve dipendenza della costante di Rydberg dalla massa del nucleo, migliorando così l'accordo con i dati sperimentali. Per l'atomo d'idrogeno
con massa del protone.
Il valore teorico di è in ottimo accordo con il valore numerico ottenuto sperimentalmente in spettroscopia.
Correzione per la massa finita del nucleo
Nel modello di Bohr si assume che la massa del nucleo sia infinitamente grande rispetto alla massa dell'elettrone (cosicché il nucleo rimane fisso nello spazio), questa è un'approssimazione ragionevole in quanto la massa del protone è circa 1.836 volte quella dell'elettrone. Tuttavia l'accuratezza raggiunta dalle misurazioni spettroscopiche richiede di tenere conto del fatto che la massa del nucleo è finita, e in questo caso il nucleo e l'elettrone si muovono attorno al comune centro di massa.
Facendo uso del concetto di massa ridotta si può mostrare che, per tenere conto del fatto che la massa del nucleo è finita, è sufficiente sostituire, nelle equazioni del moto, la massa dell'elettrone con la massa ridotta del sistema nucleo-elettrone.
dove è la massa dell'elettrone e la massa del nucleo.
In questo modo si introduce un fattore correttivo alle energie e ai raggi atomici.
Per tutti gli atomi idrogenoidi (quelli con un solo elettrone nel guscio[Nota 3] più esterno), la costante di Rydberg effettiva può essere derivata dalla costante di Rydberg "all'infinito" (per un nucleo infinitamente pesante), da
Limiti del modello di Bohr
Il modello atomico di Bohr ha difficoltà a spiegare, oppure non spiega del tutto:
Il valore del momento angolare orbitale per lo stato fondamentale . Bohr prevede che valga , mentre è noto sperimentalmente che il momento angolare dello stato fondamentale è nullo in tutti gli atomi.[Nota 4]
Gli atomi multi elettronici non hanno i livelli energetici previsti dal modello. Non funziona, ad esempio per l'elio.
Gli spettri di emissione per atomi con un singolo elettrone nel guscio[Nota 3] esterno (atomi idrogenoidi) possono essere previsti approssimativamente. Per gli altri spettri di atomi multi-elettronici il modello di Bohr fa, nella migliore delle ipotesi, previsioni sull'emissione di raggi X delle righe e, in alcuni casi, dello spettro atomico, se vengono fatte ipotesi aggiuntive ad hoc. Altre linee spettrali possono essere dedotte tramite il principio di combinazione di Ritz.
Le intensità (larghezze) relative delle righe spettrali. La formula di Bohr per i livelli energetici o sue modifiche sono state in grado di fornire stime ragionevoli in alcuni casi semplici, come ad esempio per l'effetto Stark-Lo Surdo.
Doppietti[Nota 5] e tripletti appaiono negli spettri di alcuni atomi come linee molto vicine. Il modello di Bohr non spiega perché alcuni livelli energetici siano così vicini tra loro.
L'effetto Zeeman (cambiamenti nelle righe spettrali dovuti a campi magnetici esterni). In questo caso intervengono lo spin degli elettroni e i campi magnetici orbitali, di cui si riesce a tener conto solo in trattazioni quantistiche più sofisticate.
Modello di Bohr-Sommerfeld
Arnold Sommerfeld migliorò nel 1916 il modello di Bohr. Innanzitutto, vi fu un ritorno alle orbite ellittiche di tipo planetario, che Bohr aveva inizialmente introdotto (prima condizione di Bohr), ma poi sostituito con l'ipotesi semplificativa di un'orbita circolare, caso particolare di ellisse con eccentricità.
dove è il momento e rappresenta il differenziale della generica funzione coordinata .
I calcoli basati sul modello di Bohr-Sommerfeld sono stati in grado di spiegare accuratamente una serie di effetti spettrali atomici complessi. Ad esempio, fino alle perturbazioni del primo ordine, il modello di Bohr e la meccanica quantistica fanno le stesse previsioni per la divisione di una riga spettrale dovuta all’effetto Stark-Lo Surdo. Nel caso di perturbazioni di ordine superiore, tuttavia, il modello di Bohr e la meccanica quantistica differiscono, e le misurazioni dell’effetto Stark con intensità di campo elettrico elevate hanno contribuito a confermare la correttezza della meccanica quantistica rispetto al modello di Bohr. La spiegazione di questa differenza risiede nella forma degli orbitali degli elettroni, che variano a seconda dello stato energetico dell'elettrone. Il modello di Bohr-Sommerfeld, a differenza di quello di Bohr, riesce a darne conto.
Il modello di Bohr-Sommerfeld, come il precedente di Bohr, aveva limiti e difetti:
L'approccio di Sommerfeld non si estendeva ai moti non integrabili; quindi molti sistemi non potevano essere trattati, nemmeno in linea di principio.
La quantizzazione di Sommerfeld può essere eseguita in diverse coordinate canoniche e talvolta fornisce risposte diverse.
Anche il modello di Bohr-Sommerfeld non è corretto per piccoli numeri quantici, perché mescola concetti classici e quantistici.
Il numero quantico magnetico misurava l'inclinazione del piano orbitale rispetto al piano XY e poteva assumere solo pochi valori discreti. Ciò ovviamente contraddiceva il fatto che un atomo può essere ruotato senza restrizioni.
L'inclusione delle correzioni radiative nel modello è stata difficile, perché richiedeva di trovare le coordinate dell'angolo di azione per un sistema combinato radiazione/atomo, cosa difficile quando la radiazione viene rilasciata.
^Oggi si considera l'interazione tra l'elettrone ed il campo elettromagnetico come dovuta allo scambio di un fotone o quanto di luce. Tuttavia Bohr nei suoi articoli non chiama in causa i quanti di luce di Einstein, dei quali sarà un deciso oppositore fino al 1924.
^abcdBohr aggiornò il suo modello atomico nel 1922, assumendo che a certi numeri di elettroni (2, 8 e 18, ad esempio) corrispondano "gusci chiusi" energeticamente stabili.
^Si può immaginare, sebbene le immagini mentali falliscano a livelli di scala microscopici, che un elettrone nell'orbitale atomico fondamentale, privo di momento angolare, non ruoti affatto "intorno" al nucleo come un pianeta attorno al Sole, ma sia localizzato in una regione spaziale a simmetria sferica, centrata sul nucleo. Secondo la descrizione quantomeccanica moderna, l'elettrone del primo orbitale è rappresentato da una nuvola sferica di probabilità di presenza, che diventa più densa man mano che ci si avvicina al suo centro, il nucleo.
^Eite Tiesinga, Peter J. Mohr, David B. Newell, and Barry N. Taylor (2019), "The 2018 CODATA Recommended Values of the Fundamental Physical Constants" (Web Version 8.0). Database developed by J. Baker, M. Douma, and S. Kotochigova. Available at http://physics.nist.gov/constants, National Institute of Standards and Technology, Gaithersburg, MD 20899. Link to R∞, Link to hcR∞